Gestione attiva o passiva di un portafoglio: quale scegliere?

Come gestisci il tuo portafoglio? Sia che tu abbia deciso di occuparti direttamente dei tuoi investimenti sia che tu preferisca affidarli ad un gestore professionale, devi scegliere come investitore se orientarti ad una gestione passiva oppure ad una gestione attiva.

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Puoi battere il mercato?

Le ricerche condotte sui mercati dei capitali di vari paesi mostrano che mercati azionari sono piuttosto efficienti, cioè che anche per un investitore esperto è difficile battere sistematicamente il mercato nel senso di ottenere profitti superiore alla media; infatti i prezzi riflettono le informazioni che sono a disposizione di tutti gli analisti e quindi tutti possono trarne vantaggio allo stesso modo. 

Coerenti con questa ipotesi di efficienza del mercato sono i risultati di altre analisi, i quali indicano che anche i gestori dei fondi di investimento per la gran parte ottengono risultati inferiori agli indici azionari e obbligazionari, soprattutto nel lungo periodo.

 Stando a queste evidenze, la strategia migliore per l’investitore sarebbe quella cosiddetta passiva, che consiste nel comporre un portafoglio in modo da replicare esattamente i principali indici azionari e obbligazionari e nel tenerlo senza apportarvi frequente modifiche, a parte un ribilanciamento periodico (se investi con una banca tradizionale forse non è hai mai sentito parlare).

E' meglio una gestione passiva del portafoglio?

Tra l’altro questa strategia è anche la meno costosa perché non implica una vera e propria attività di gestione e consente un risparmio nelle commissioni di gestione e nei costi di negoziazione. 

Ma fai attenzione. 

A ben vedere queste strategie di gestione benché chiamate passive non lo sono del tutto. 

Infatti devi pur sempre scegliere gli indici nei quali investire, il peso da attribuire a ciascuno di essi e il momento e i modi in cui effettuare la modifica del portafoglio al verificarsi di significative variazioni del peso delle diverse componenti. 

Si tratta di decisioni tutte di grande importanza se ricordiamo che secondo alcuni studi il risultato dell’investimento dipende per circa il 80-90% dall’asset allocation, cioè dalla ripartizione del capitale da investire tra diverse asset class (azionario, obbligazionario, metalli preziosi, liquidità, immobili). 

Quindi anche il fai da te richiede studio e attenzione, soprattutto nella fase iniziale: per questo ho creato il percorso guidato online ETF ACADEMY

Che cosa è la gestione attiva? Qual è l’obiettivo della gestione attiva del portafoglio?

Gestione attiva del portafoglio: primo approccio

La gestione attiva di un portafoglio consiste in due approcci che possono essere adottati anche congiuntamente. Il primo si basa sull’individuazione del momento opportuno per entrare o uscire dal mercato azionario (“market timing”), cioè sulla capacità di comprare un portafoglio diversificato di azioni prima che gli indici di Borsa registrino sensibili rialzi e di venderlo prima che si verifichino forti ribassi. 

Occorre quindi che il gestore, mediante analisi macroeconomiche – riferite ad esempio ai dati di inflazione attesa, di crescita dell’economia, di tendenze dei tassi di interesse – riesca a prevedere l’andamento dei mercati azionari con un anticipo sufficiente per modificare la propria posizione di investimento. 

Il criterio di market timing può essere applicato anche alla gestione di un portafoglio di obbligazioni: in questo caso la capacità del gestore consiste nel prevedere l’evoluzione dei tassi di interesse, tema molto attuale. 

Infatti se i tassi di interesse salgono, i prezzi delle obbligazioni a tasso fisso diminuiscono e la diminuzione è tanto più accentuata quanto più lunga è la durata finanziaria del titolo;  al contrario, se i tassi di interesse scendono, i prezzi delle obbligazioni aumentano. 

Di conseguenza, quando il gestore prevede un aumento dei tassi di interesse, dovrebbe decidere di inserire un portafoglio obbligazioni a tasso variabile, il cui rendimento aumenterà in corrispondenza con il rialzo dei tassi;

quando prevede una discesa dei tassi, invece, dovrebbe preferire anche titoli a tasso fisso di lunga durata. 

Sono ragionamenti che dovresti seguire anche tu in prima persona qualora volessi effettuare una gestione attiva in modo autonomo, cosa che sconsiglio se non sei esperto e non segui da anni i mercati finanziari.

Gestione attiva del portafoglio: secondo approccio

Un secondo criterio di gestione attiva si fonda sulla scelta dei singoli titoli azionari suscettibili di ottenere una crescita di valore superiore a quella media del mercato rappresentata dalla variazione dell’indice. 

In tal caso la capacità del gestore consiste nell’individuare i titoli sottovalutati – che ad esempio presentano potenzialità di crescita del valore non pienamente riflessa nei prezzi – mediante analisi del settore, del posizionamento competitivo e delle prospettive di profitto della società.

La gestione attiva può essere condotta in maniera molto elastica e cioè con cambiamenti estesi della composizione del portafoglio oppure all’interno dei limiti predefiniti allo scopo di rispettare il profilo di rendimento e rischio prescelto dall’investitore (limiti spesso imposti ad un gestore di un fondo comune di investimento).

Mentre nel primo caso ed è sempre possibile che il gestore decide di ridurre al limite a zero la percentuale di azioni in funzione di previsioni negative sull’andamento dell’asset azionario oppure, al contrario, di incrementarla al limite fino al 100% nell’ipotesi opposta, nel secondo caso il gestore assume a riferimento un portafoglio ideale, individuato scegliendo alcuni indici azionari e obbligazionari e attribuendo a ciascuno un peso coerente con la propensione al rischio del cliente (portafoglio cosiddetto benchmark), e opera cercando di ottenere un rendimento superiore a quello di tale portafoglio di riferimento, senza però discostarsene troppo appunto per rispettare il profilo di rischio e rendimento scelto dall’investitore. 

Possiamo facilmente cogliere che il benchmark costituisce un riferimento utile all’investitore che può confrontare il risultato della gestione con il rendimento del portafoglio ideale e quindi giudicare l’operato del gestore. 

Entrambi gli approcci di gestione attiva hanno pregi e limiti.

Quella flessibile appare più adatta a chi possiede un patrimonio consistente ed è disposto ad accettare in certe fasi un livello di rischio elevato. 

La gestione con benchmark produce per definizione risultati meno inattesi perché sostanzialmente corrispondenti a quelli degli indici che lo compongono e che sono noti all’investitore e al gestore; essa quindi è più adatto agli investitori che preferiscono definire a priori il grado di rischio che intendono sostenere. 

Conviene una gestione attiva o passiva di portafoglio?

Gestione passiva o gestione attiva, quale preferire? 

Possiamo concludere che le strategie a gestione attiva, purché fondate su ricerche di esperti analisti di imprese e di mercati, potrebbero dare maggiori soddisfazioni agli investitori. 

Tuttavia i mercati sono ormai diventati così efficienti che solo pochi gestori (figuriamoci i piccoli investitori) riescono a battere gli indici e non sempre per periodi di tempo estesi.

Per la gran parte degli investitori, soprattutto per neofiti e per chi dispone di capitali non elevati, potrebbe essere una soluzione preferibile una gestione tendenzialmente passiva che prevede l’investimento in un portafoglio ben diversificato, eventualmente composto da quote di fondi comuni di investimento o di ETF, come insegno in ETF ACADEMY. 

Oppure, una seconda soluzione, potrebbe essere quella di affidarsi e pagare un Consulente che possa fare i tuoi interessi, che non troverai sicuramente all’interno del sistema bancario tradizionale.

Tu come stai gestendo il portafoglio? Lo stai facendo in autonomia? 

Fammi sapere nei commenti in fondo all’articolo, ti leggerò con piacere.

Davide Grasso

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